Ispir_azione

Cammino più lentamente


Davanti a me uno sconfinato orizzonte di parole nascenti

Scruto con illimitato amore un futuro lontano

Sospiro dentro un vasto cielo d’intensa ispirazione

Mi lascio avvolgere

Limpido sguardo in armonia con l’inarrestabile pensiero

da Poesie e racconti, Tiziana Botti

Progetto Donne, Brescia 2022 (5)

Parte 5, Il progetto a cui ho preso parte 🙂

https://nondefinitivounderconstruction.wordpress.com/

Grazie a Giuliano Radici, fotografo “racconta storie”, Enrico Ranzanici, filmmaker, Ezio Arnaboldi, Anna Ancarani, make up artist “ricercatrice di bellezza”

http://www.giulianoradici.com/new

www.enricoranzanici.com

evocati…

potenziali-evocati

a me suonava tanto poetico (e come posso io sottrarmi a qualcosa di poetico e sensoriale?), ma sapevo bene che quando sono entrata in ospedale l’altra mattina (evviva : un reparto nuovo che ogni tanto cambiare fa bene) di poetico non c’era proprio niente, solo la magia di immaginare i bambini che quel giorno sono svegli da ore e persi tra le sorprese. Rapiti, trasportati in un altro mondo. Latte e biscotti per la santa e farina per l’asino spariti. Sorrido.

E nemmeno mi aspettava qualche pratica magica per far comparire le anime dei morti… la pratica è sempre e solo quella del ticket all’accettazione.

Costo : un botto (no no, non un botto anticipato di fine anno).

Ma vuoi mettere la coda alla cassa con sottofondo musicale del Natale, lucine e alberelli con addobbi ovunque mi girassi per scorgere un sorriso? Neanche l’ombra di questo “un sorriso”. Va beh, capiamolo, ci penso io.

Costo : zero.

Soddisfazione : “grazie, sono i miei cioccolatini preferiti! come ha fatto a indovinareeeee?” quando ho consegnato allo sportello la scatola dei fondenti insieme alla carta di credito …. “ma non ho indovinato io; è stata la santaaaaaa”.

Altro sorriso, stavolta con lo scambio.

Per farla breve, io il presepe con i personaggi in carne e ossa l’ho visto, lo apprezzo, mi affascina e lo guardo davvero volentieri, ma dell’albero di natale vivente non conoscevo l’esistenza.

Nella saletta col lettino, dopo aver salutato con sorrisi miei e cioccolatini della santa scambiati con i loro sorrisi e grazie,  mi hanno fatta sdraiare, addobbata di fili di diversi colori, elettrodi, aghi, cerchietti con la cremina e, giuro, mi hanno accesa con battiti e scossette. Mi hanno anche fatta alzare e sedere e l’albero è diventato ancora più reale perchè la scossa col disco sulla schiena quella è forte, arriva inaspettata e ti fa rimbalzare in avanti.

Battuta mia al doctor e alla tecnica per accertarmi che l’albero di natale vivente abbia funzionato. Ridiamo.

Risultato : “gli evocati vanno bene”.

Pioggia di sorrisi, auguri e grazie.

albero natale

 

un viaggio 7508

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Dopo un lungo viaggio approdo sulle rive di una terra sconosciuta; mi guardo intorno, incerta e spaesata avanzo a piedi nudi  sulla sabbia fredda.

E’ notte, alzo gli occhi al cielo.

Il telone logoro e scuro che un vecchio saggio chiamato tempo stende ogni sera sopra l’azzurro, lascia ancora intravedere al di là del buio; è così che scorgo le minuscole luci sotto chiamate stelle.

La luna è una lama di cristallo che mi cattura e che improvvisamente diventa una sfera magica attraverso la quale riesco a distinguere ciò che mi circonda; intuisco alcune forme, ma ora il vento è caldo sulla mia pelle e confonde i miei pensieri.

Cammino ancora ed è giorno e mi meraviglio di riconoscere un fiore che pensavo non avrei più incontrato; questa volta però mi fermo a raccoglierlo e lui si sprigiona in tutta la sua sensibilità, mentre intorno ogni cosa si colora come per magia.

I bambini ridono e corrono scalzi per le strade, le donne hanno la loro gioia nel cuore i gli uomini le abbracciano spensierati.

La musica invade l’aria e s’impossessa di me espropriata.

Le onde del mare mi si buttano addosso … ancora … una dopo l’altra mi scuotono e fanno vibrare il mio corpo e mi trascinano giù.

I battiti del mio cuore aumentano ed il sangue scorre più veloce nelle mie vene.

Mi manca il respiro e allora su …. prendo l’aria a pieni polmoni; la voglio tutta e le mie braccia si muovono dentro le onde, mentre le mani accarezzano la superficie dell’acqua.

Sono completamente avvolta, le mie gambe avvinghiano l’impossibile, la mia mente si perde tra i sussurri prima ed il respiro affannato poi.

Il sorriso è totale, la luce dominante.

Mi lascio cullare

                                               trasportare

                                                                                 galleggio

                                                                                                                                 svanisco

 

L’infinito oltre l’orizzonte 10508

redladyonbeach

Vestita dei miei sensi posso vedere l’orizzonte,

quella linea sottile che segna la fine del mondo.

Percepisco il fragore dell’immenso e il suo silenzio assordante.

Il mio cuore trabocca e i miei occhi vedono la certezza assoluta dell’anima

un cielo in cui ci si può specchiare

i sapori sono forti e l’aria è impregnata del profumo della pelle di un bimbo

le mie mani ti sfiorano e mi senti nella tua libertà

mi ami

 

INCO – GN – ITA 141208

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A quei tempi venivo accuratamente nascosta sotto falso nome.

Mi chiamavo Pablo, anche se ancora non potevo saperlo.

Ero bellissima.

Una sera mi regalò perfino una parrucca, lunghi capelli castani con riflessi colore dell’oro, così, nell’evenienza tutto fosse poi stato scoperto, io avrei potuto giustificare il fatto confessando di essere un/una trans “che non ce la fa davvero più a stare nella propria pelle”.

Ci capitava di ridere per stupidaggini di poco conto come questa ed eravamo così bravi ad ironizzare su tutto; in realtà c’era poco da stare allegri : eravamo una “coppia clandestina” e quindi privi di libertà, e alcuni sanno bene quanto si aneli alla libertà specialmente in tali frangenti, ma soprattutto se già allora fossimo venuti a conoscenza delle conseguenze del caso.

Quella sera era un inverno come tanti altri per tutti ma non per noi, per noi era un inverno davvero speciale, era il nostro inverno.

All’uscita del negozio dove avevo provato l’acconciatura che più si addiceva al mio viso, lui mi abbracciava per strada cingendomi la vita, mi guardava negli occhi sorridendomi fino giù in fondo al cuore, proprio nel punto dov’è più buio e ci si smarrisce.

Fu così che io ritrovai me stessa ma persi la strada per tornare indietro.

Diventai sua complice.

Inutile dire che, e perché, inizialmente tentai di oppormi a gran fatica con tutte le mie forze.

Camminavamo ubriachi dentro ad un fluido sotto le luci di natale della città; i nostri sensi, tutti e cinque anzi sei o forse addirittura sette senza esagerare, ci stordivano lasciandoci in quello stadio di galleggiamento dove davvero e non a parole il mondo è più leggero.

“Un corpo che riceve una spinta verso l’alto”…. com’era quella legge fisica? “La forza che agisce sul corpo dal basso verso l’alto è diretta in verso opposto rispetto alla forza peso quindi riduce l’effetto di quest’ultima; come conseguenza di ciò, il peso di un corpo immerso nell’acqua, o in generale in un fluido, appare inferiore a quello dello stesso corpo nell’aria”.

Insomma, mancava la forza di gravità sotto i nostri piedi, nella nostra testa non c’era spazio per i fatti gravi che sarebbero poi invece inevitabilmente accaduti… quanto tempo avevamo allora!

Sono convinta di essere stata l’unica a sapere che lui era un agente segreto in missione, e anche se la missione non la conoscevo affatto, io non lo tradii mai.

Una volta fece la sua confessione anche ai bambini, certo comunque che l’avrebbero presa per uno scherzo, cosa che naturalmente avvenne visto che a tavola, con i bicchieri all’orecchio, mimavano invisibili ricetrasmittenti per inviargli importanti comunicazioni di servizio : “contrordine, niente scuola domani e nei prossimi giorni, pericolo di vita, nessuno dovrà uscire dalle proprie case, ripeto agente segreto, pericolo, pericolo, u bot u bot….”.

E così finiva la cena tra risa, posate come bacchette dei direttori d’orchestra e musiche extraterrestri suonate dalle nostre dita che descrivevano un cerchio sull’orlo dei bicchieri.

Nessuno a quell’epoca avrebbe potuto neanche minimamente immaginare il peggio.

Sì, perché fu più tardi e all’improvviso che, nonostante gli anni trascorsi a fare del nostro meglio, lui per le sue missioni importanti che ormai non gli concedevano più tempo né spazio, ed io per cercare di rendere migliore il suo tempo quando stavamo insieme e più ampi i suoi spazi sottraendoli piena di cieca fiducia ai miei (non è forse vero che per un amico si dovrebbe sempre fare di più?), tutto accadde in meno di un batter d’ali senza che nessuno potesse fare nulla per impedirlo.

Mille domande senza mai fine, conclusioni incerte, vacillanti e soprattutto dubbi inutili.

Una missione finita male? Un’importante partita persa che l’aveva lasciato senza speranze? Una scelta sbagliata che l’aveva costretto alla fuga? La costante preoccupazione di essere definitivamente scoperto, messo a nudo, braccato, senza più via di scampo? Un errore che aveva ripetuto e che l’aveva messo con le spalle al muro? O aveva semplicemente preferito lasciare tutto e tutti perché soggiogato da situazioni divenute per lui insopportabili?

Non lo so, è la parte che non conosco. E non voglio più saperlo, ci ho perso tante energie indispensabili alla sopravvivenza nel luogo in cui mi trovo.

Temo che l’età, il tempo che trascorre inesorabile lasciando le sue tracce ovunque, sia stato il suo vero punto debole, il suo tallone d’Achille, anche se questo lui non l’avrebbe mai voluto lasciar trasparire; il suo senso della relatività non era mai esistito? O era semplicemente venuto meno?

Ora lui è lontano, molto probabilmente su un’isola sperduta in attesa di istruzioni per proseguire, anche se io preferisco immaginarlo mentre cammina tra la folla di una caotica grande città con quel suo passo sicuro e la faccia accigliata, in procinto di organizzare al meglio una nuova missione.

Per quanto riguarda me, ho lasciato la città dopo pochi giorni dalla sua partenza- chiamarla scomparsa mi fa sentire tutto il peso della vita che passa-, giusto il tempo di cedere ad altri il posto di lavoro che occupavo instancabile da un tempo che per me a questo punto era divenuto davvero troppo, e insopportabile, fare i dovuti passaggi di proprietà, salutare i miei cari-mi ci volle una forza indicibile per rassicurarli che là dove andavo avrei avuto un aeroporto a portata di mano- ed i pochi amici che sentivo vicini…. Amicizia… davvero riuscivo ancora ad attribuirle un senso?

Non ho figli… quei bambini non erano miei-quando mai i figli, i bambini, sono nostri?-anche se so che rimarrò per sempre nei loro pensieri e loro nel mio cuore.

Me ne sono andata per un semplice motivo : ho perso la fiducia nel prossimo, arrivando alla conclusione che non ci si può proprio fidare/affidare mai, a volte nemmeno di chi ci ha generati.

E siccome sono invece nata, ma soprattutto cresciuta, nutrita di fiducia, gli altri in me ed io negli altri, per me il prossimo significava tutto, me inclusa.

Per sillogismo ero convinta di aver perso tutto; sì perché l’ultima delirante sfumatura che intuivo mi stava letteralmente terrorizzando: sarebbe arrivato il momento in cui non avrei potuto fidarmi nemmeno di me stessa??? Dopotutto anch’io ero il mio prossimo!

(parte quinta) ancora la realtà ancora il sogno 23408

parte-quinta

La voce parla. E’ la mia voce.

“Mi ritrovo a leggere quelle parole che ora so non essere tue per me ma di qualcun’altro per te, così comincio ad intuire chi le ha scritte, ma non ancora il perché tu sia arrivato a questo”.

“Il tuo sogno ha un senso ma la verità davvero ti farebbe stare male. Non cercarla, non andare oltre, non hai capito davvero tutto, lascia stare, credimi”.

 “ E sentire? Ha importanza intuire, sentire e capire tutto, troppo, in un attimo che non avrebbe dovuto esistere?”

Sprofondi nell’ombra del tuo scoglio, abbassi gli occhi e soffri in silenzio.

“Ci sono tanti perché, ma non contano per davvero”, cerchi di rassicurarmi, “il tuo non era un brutto sogno, era realtà. Sei riuscita a penetrarla, non so come, ma lo hai fatto. E ora che credi di sapere chi le ha scritte per me, mi ritrovo da solo a pensare ancora una volta alla tua anima pulita, che mi ama ciecamente, alla tua fede in me fino in fondo, fin dall’inizio. E’ anche questa la ragione per la quale non voglio allontanarmi da te. E non mi sento più tanto onesto come credevo o dicevo di essere. E mi chiedo cosa farai ora, e chi diventerai se sarai tu a decidere di partire, e come vivrò io senza più vederti, parlarti, toccarti forse più. Mi accontenterò di vivere in superficie sapendo che in giro per il modo qualcuno mi ama e nessuno mai lo farà così come fai tu? Ce la farò a continuare a nascondermi e a cercare pretesti e stimoli e sensazioni per trovare il coraggio di vivere l’abitudine? Avrà un senso soffrire per amore? E sapere che chi mi ama soffre, riuscirò ad ignorare questo pensiero andando avanti giorno per giorno sapendo che la fine è la stessa per tutti? Potrò disfarmi così facilmente della tua presenza, della tua sofferenza, del tuo amore, della tua gioia, della tua testa, del tuo corpo, fingere che tutto ciò non esista? E dovrò far finta di trovare in qualcun’altro la complicità e l’intimità che con te sembravano uniche?  Ti ritroverò ancora al di là degli occhi di qualcuno? E questo tempo trascorso in quello che a te è parso un attimo, cosa è veramente stato per me? Avrà ancora un senso l’amicizia? Potrò ancora definirla e trovarla tra i miei valori o resterà soltanto una parola vuota?  Ho fatto tanto per farti stare bene e so che lo sai, ma prima mi veniva così naturale mentre ora mi ritrovo povero mortale che ha bisogno di costanti conferme, di stimoli nuovi, di sensazioni perdute nella quotidianità che nemmeno abbiamo vissuto appieno, di fantasie nascoste sotto le coperte di una bambina, nascoste da un uomo che ha paura di diventare vecchio e vede precario il suo tempo. ”

L’aria si riempie del fragore delle onde del mare,

le vedo distruggersi inesorabilmente contro gli scogli,

il vento è forte e l’odore di salsedine m’invade ,

il suono delle tue parole si trasforma,

la tua immagine sbiadisce come in un film, e la mia prende il suo posto …… e sono io che sta pronunciando ciò che hai appena detto tu, sono io, sono io

 ____________________________ continua_______

 

(parte quarta) la realtà continua…….2408

 

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………….. invece mi hai oltrepassata passandomi attraverso come se io fossi stata un fantasma.

……………… come se io fossi stata un fantasma.

La figura dietro di me o davanti a me è avvolta nella nebbia, mentre vedo te distintamente.

Afferri il bicchiere che esce dalla nebbia ma non lo porti alle labbra per bere, lo spieghi come fosse un foglio e leggi quelle parole.

E in quel preciso istante capisco che non erano tue.

Dalla tasca prendi una fotografia e la baci, sfiorandola con le tue labbra.

D’un tratto due occhi scuri e vivaci mi si parano davanti come un lampo che squarcia il cielo d’estate e subito spariscono.

Dove li ho già visti ?

Li ho già visti!

D’improvviso ti vedo dentro un piccolo cilindro nero e lungo, quasi un tunnel in miniatura.

Tu rimpicciolito e lontano, sempre più lontano e circondato dal nulla.

Tu solo.

Solo col tuo foglio in mano e la fotografia.

Mi guardo intorno, cerco di avvicinarmi ma mi accorgo di camminare affaticata in salita su un ponte aperto, senza ripari, un ponte lungo e stretto.

Sotto di me il mare.

Blu, bellissimo, senza fine, mi toglie il respiro.

Non sono più sicura.

Tutti i miei appigli sono spariti.

Le mie certezze non esistono più.

Qualsiasi ragione mi ha abbandonata.

E i miei sensi?

Dove sono i miei sensi?

Non c’è più niente intorno, sono come circondata dal cielo.

Davanti a me il ponte aperto in salita e, dove c’eri prima tu, ora una piccola scatola chiusa e avvolta in un pezzo di stoffa rosso.

Un raggio di sole accecante colpisce la scatola e il pezzo di stoffa diventa sangue che si sparge e scende fino ad arrivare a me.

Sono a piedi nudi, li guardo, li tocco, il sangue ora è anche sulle mie mani.

Ho i piedi sulla sabbia, penso, sono caduta giù dal cielo.

Nuda mi risollevo piano, molto piano.

Tutto rallenta, rallenta, rallenta.

Si sente forte il suono del mare, un suono calmo che mi pervade e si impossessa di me.

Sento una voce oltre la mia spalla, alzo gli occhi e giro il viso verso quella voce

 

_______________ continua senza tregua _______________________

 

(parte terza) Quando l’immaginazione entra nella realtà….26308

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Un altro puzzle.

Tanti pezzi ad incastro di vetro colorato.

Li dispongo uno ad uno sul tavolo che ora non è più un tavolo ma lo schermo acceso di una tv ad altissima definizione.

Mano a mano che incastro i pezzi, mi accorgo che corrispondono esattamente alle figure proiettate sotto.

Alcune persone sedute in una stanza spoglia piena di fumo e senza suoni.

S’intuisce che parlano perché gesticolano, alcuni di loro ridono a bocca aperta, altri hanno un’espressione triste e stanca.

La ragazza che sta varcando la porta d’ingresso rivolge un sorriso dolce all’uomo che la sta guardando.

Tutto è fermo, immobile, silenzioso, denso di significato.

Quel senso misterioso che si riesce ad avvertire così distintamente solo in sogno.

Quella magia inafferrabile eppure rivelatrice che si manifesta così chiara tramite immagini che arrivano deformate o irreali ai nostri occhi ma simultaneamente tradotte e decodificate da un particolare angolo del cervello in quella fase di precario equilibrio tra sonno e veglia, sogno e risveglio, coscienza ed incoscienza.

Dove ho già visto tutto ciò?

D’un tratto più nulla.

Una spiaggia solitaria senza vento e tu seduto dentro l’ombra di un enorme scoglio.

Mi avvicino piano, con passo incerto e tu parli distratto senza guardarmi negli occhi.

“Adesso che da sola hai messo insieme i pezzi di ciò che c’era scritto, devi sapere chi ha scritto e per chi e perché”.

 impaurita reagisco

“Pensavo fosse solo un brutto sogno, volevo convincermi che quelle fossero parole tue destinate a me per una ragione ben evidente, ma allo stesso tempo vedevo una figura dietro di me o davanti a me, non ricordo bene…. non ero io ….tu camminavi verso di me con la mano tesa nel gesto di darmi qualcosa, io ti porgevo le mani a coppa, invece mi hai oltrepassata passandomi attraverso come se io fossi stata un fantasma.

……… to be continued ………..

(parte seconda) Quando l’immaginazione entra nella realtà…ANCORA . 19308

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Cosa faccio?

Cosa devo fare?

Amore mio aiutami.

Tirami fuori da qui in qualche modo non importa come.

No qui non c’è nessuno, sono solo io, sono sola col mio amore che brucia dentro di me.

Sento un dolore forte in una zona non ben definita, vicina al cuore, dietro al cuore, qualcosa già provato.

Cerco di fermare quelle immagini che spariscono veloci come lampi durante i temporali d’estate.

Forse è l’unico modo per venirne a capo.

Sono parole quelle che vedo, parole enormi scritte con l’inchiostro, lui finisce di scriverle e si alza, poi si gira verso la finestra ed io sono proprio davanti a lui.    

Gli porgo le mani a coppa perché lui possa versarci dentro quelle parole.

Invece lui non mi dà niente.

Strappa il foglio in tanti minuscoli pezzettini e li butta in aria.

Si gira dall’altra parte, spegne la luce, sbatte la porta e se ne va lasciandomi sola al buio.

Non mi ha vista?

Non mi ha vista !

Perché?

Di nuovo quell’angoscia.

D’improvviso le pareti della stanza si illuminano.

Sono coperte di brillanti stelle fosforescenti che prendono forma soltanto adesso, nel buio totale di questa stanzetta.

Attaccati alle pareti che si stanno allargando, piccoli cartoncini di dimensioni e colori diversi esplodono come fuochi d’artificio.

La stanza si riempie di acqua…. è bellissima …..e io comincio a galleggiare a fluttuare a respirare. 

Mi trovo in bilico tra la zona della coscienza e quella del ricordo.

Sto sognando!

Su ogni quadratino una lettera diversa scritta con l’inchiostro, una lettera soltanto per ogni singolo pezzo di carta.

Stacco i fogli dalle pareti che ora mi si stanno stringendo attorno.

Tante lettere su tanti foglietti che devo mettere in logica successione per capirne il senso compiuto.

Mentre afferro l’ultimo pezzetto di carta, la terra trema.

Ho paura, infilo tutto nelle tasche e corro fuori.

Mi gira la testa, inciampo, ho bisogno di aiuto ma non c’è nessuno.

E’ buio anche fuori, è tardi, è troppo tardi e non c’è più anima viva in giro.

Mi guardo intorno, stelle, stelle ovunque, stelle e silenzio.

Dall’altra parte di quell’insolita strada una porta socchiusa, un sottile filo di luce si riflette sull’asfalto ma l’asfalto è fatto di marmo colore chiaro, una strana strada.

Mi avvicino timorosa e curiosa.

Una voce m’invita ad entrare.

Rovescio il contenuto delle mie tasche sul tavolo di fronte a me e vedo un vecchio seduto su una grande poltrona bianca.

Mi guarda e mi fa un cenno con la mano.

Vuole che io apra una scatola che sta proprio lì davanti a me.

Mi siedo, tolgo il coperchio, ci guardo dentro.

Un altro puzzle.

………… to be continued ………………..